Onorevoli Colleghi! - L'articolo 3 della legge n. 102 del 2006 aveva l'intento di introdurre uno strumento per accelerare e semplificare i processi relativi ai casi di risarcimento dei danni alla persona conseguenti a incidente stradale.
Peraltro, nella pratica si sono riscontrati gravi problemi interpretativi, con discordanti orientamenti con riferimento sia all'ambito di applicazione delle nuove norme (poiché esse non sono accompagnate da ben delineate norme transitorie), sia all'applicabilità del rito del lavoro alle cause in cui, unitamente da quello per danno a persone, è domandato anche il risarcimento per danno a cose.
Va rilevato che la proliferazione dei modelli processuali (diversificati per i vari diritti coinvolti) non corrisponde alla dichiarata finalità di semplificazione; l'unificazione dei riti sarebbe, al contrario, un passo avanti sulla strada dell'efficienza e risponderebbe alla salvaguardia del principio costituzionale di uguaglianza dei diritti.
I soli interventi sul rito non sono di per sé capaci di produrre risultati utili senza un adeguamento e una razionalizzazione delle risorse impiegate e destinate al sistema giustizia; per cui il rito introdotto con al legge n. 80 del 2005 pare consentire al giudice e all'avvocato, per la sua flessibilità, di articolare i tempi del processo in relazione alla complessità della singola controversia.
Richiamo qui le osservazioni a suo tempo formulate in sede di approvazione dell'articolo 3 della legge n. 102 del 2006 dal presidente della Commissione giustizia del Senato, il quale riteneva che il rinvio all'applicabilità delle norme concernenti il rito del lavoro, ivi previsto, non appariva una soluzione convincente nella materia specificatamente considerata, in quanto le potenzialità acceleratorie di tale rito rispetto